Atterriamo a Nagoya in orario, con circa venti minuti di sonno ed una colazione tremenda alle spalle. Non dico che non fosse buona, ma Vale ci chiede ripetutamente un bagno, un cespuglio, e ad un certo punto di fargli da schermo contro i passanti.
Recuperiamo una corroborante bevanda all’uva per me e i baracchini del WiFi per tutti. Tutto funziona, nessuno è basito. Avvisiamo i parenti di essere arrivati quasi sani e abbastanza salvi e ci spostiamo verso Nagoya, dove Cumi e i suoi Genitori Adottivi Giapponesi ci attendono per un pranzo conviviale.
Incarichiamo il Bardo, in quanto best japanese speaker available, di comprare i biglietti necessari a portarci rapidamente e comodamente a Kanayama, dove Cumi c raccatterà per accompagnarci al ristorante prescelto.
“Ho preso i biglietti per l’Express, si ferma solo a Kanayama e Nagoya!”, esulterà il Bardo.
Saliamo su un treno che, alla prima fermata, si rivlea essere un quasi locale. Occhieggiamo malamente il Bardo, chi lamentando sonno, chi lamentando sommovimenti intestinali.
“I biglietti però sono quelli giusti”, si difende lui.
Giunti alla nostra meta, Vale sparisce alla ricerca di un bagno (che non troverà), mentre il Bardo e Ladro cercano l’uscita (che non troveranno). Jack cerca di tenermi sveglio, mentre io sragiono e credo di vedere Cumi. Jack non mi crede, e dopo un paio di sberle Cumi mi saluta e allora Jack ci crede. Mi tira comunque un’altra sberla per svegliarmi.
Raggiungiamo l’appartamento di Cumi, molliamo le valigie e Valerio, e ci dirigiamo verso il ristorante.
Il posto è lo stesso dove mangiammo il Black Curry anni fa; quello che non è lo stesso èil mio appettito. Valerio sarà a casa con lo stomaco sottosopra, ma io inizio a non sentirmi proprio in formissima. Assaggio una cucchiaiata di riso e curry, ulteriori due cucchiaiate di riso bianco, poi scambio il mio piatto con quello di Jack (che è già vuoto). Nessuno si accorge di niente, tutti sono felici, matte risate in tutto il tavolo, il pranzo volge al termine (non prima di aver presentato Jack, che è un altro Okachou, ai Giappogenitori di Cumi, che ne sono estasiati).
Decidiamo di far due passi a piedi alla disperata ricerca di un amaro, e Cumi ci promette che nel posto dove lavora possiamo trovare caffè e limoncello. Titubanti, lo seguiamo in un Host Club agghindato da Ristorante Tipico Italiano, in cui un patriarca calabrese ci propone caffé e ammazzacaffé. Ringalluzziti da un po’ di italianità aggratis, l’umore migliora, e seguiamo Cumi verso la nostra seconda meta; Tsurumai, un piccolo ma grazioso parco noto per offrire un gorioso spettacolo durante l’Hanami, la fiortirua dei ciliegi. Il morale è indubbiamente alto:
Il mio nuovo acquisto, il selfie stick, mi equipara subitoai locali e mi dona uno status di semidivinità tra i turisti. Molti giapponesi, pur non vocalizzando, mi fanno capire che mi considerano ormai uno di loro.
Prendiamo la metro, usciamo al parco, e sento subito odore di salamella.
“Ma è la festa dell’Unità?”, chiedo.
“Tipo”, mi risponde Cumi.
Ogni metro quadrato d’erba del parco è stato attrezzato ad ospinare picniccari; teli blu impermeabili sono stesi sul manto erboso, e la gente viene da casa attrezzata a passare la giornata a bere e magnare sotto gli alberi.
Sembra una festa dell’Unità, ma terra non c’è nemmeno la carta di una caramella. Ne deduco (ormai vicino alle 24 ore ad occhi aperti) che dobbiamo proprio essere in Giappone.
Terminata la visita al parco, ci gettiamo di nuovo in metro e a casa di Cumi. Navighiamo la ressa improponibile di turisti, locali e non, che convergono verso i tanti luoghi in cui è possibile ammirare i ciliegi in fiore, recuperiamo le valigie, otteniamo i nostri JR Pass e ci accparriamo del posto su uno Shinkansen alla volta di Kyoto.
Arrivati nell’antica capitale del Giappone, ci resta poco da fare; Raggiungiamo arrancando sulle ginocchia l’appartamento (in realtà una graziosa casa di tre piani, con una stanza per piano), apriamo con non poca difficoltà la porta e prendiamo possesso dell’abitazione.
Tiriamo a sorte; io, Jack e il Bardo torniamo ad un Kombini a caso a recuperare del cibo, mentre Ladro e Valerio si lavano (nel nostro immaginario si lavano a vicenda, lentamente, senza tralasciare nulla. Così imparano a farci uscire) .
Recuperiamo dei bento generici, dei dolcetti, dei salatelli e del bere. Quest’anno, pare, la mia CC delle poste funziona; accolgo le baconote (accompagnate dalla solita musichetta trionfale) con piacere, e ne spendo una piccola parte in gomme da masticare tipobig babol (che poi si riveleranno essere caramelle tipo fruittella. va bè).
Consumiamo la nostra cena, e lentamente caracolliamo a letto.
Il giorno dopo (che, scrivendovi in piena notte, per me è comunque ieri) ci svegliamo alle sette; quest’anno il giappone non ci fregherà, sappiamo che tutto chiude presto e siamo pronti ad azzannare la giornata alla gola. CI fermiamo in un Kombini, che Ladro vuole testare il prelievo; Il bardo compra un dolcetto sferoidale similciambelloso da 400 calorie per 100 grammi.
“non ho intenzione di mangiare meno di tremila calorie al giorno”, ci dirà a pranzo, quando a fatica lo dissuaderemo da ordinare una soba extralarge.
Finito il prelievo, facciamo colazione in un posto che abbiamo indicato come MUST STOP GOTTA GO circa sei mesi fa: Caffè Veloce.
Ora, non so se il proprietario volesse farci capire che il caffè va bevuto in fretta, o se si tratta semplicemente di una mistranslation di “Caffè Espresso”; fatto sta che il caffè espresso che servono è tremendamente bruciato.
Ingolliamo la nostra tragica colazione e ci imbarchiamo su un autobus diretto al Kiyomizu-dera, il tempio di Kyoto reso famoso da innumerevoli manga e anime (in quanto meta molto gettonata per le gite scolastiche).
Essendo le ore 01.30 della notte, però, vi (mi) lascio riposare e vi racconterò meglio della visita e della giornata di domani. Vi posso però fare una sorta di trailer: Jack e Vale si avvicinano alla santità e il Bardo attiva il suo charme su una locale.